Gli sfolgoranti anni ’80. Quando Wonder Woman aveva i capelli cotonati. -parte II-

Non si può discutere il fatto che gli anni ’80 siano stati il periodo di massima fioritura artistico-commerciale e che abbiano, dunque, rappresentato l’unico momento in cui qualità e vendibilità siano stati realmente equilibrate.


Era così per la musica, lo era per il cinema e, naturalmente lo è stato anche per il fumetto.
Il vero appassionato sa che, se in preda all’impulso di leggere un buon fumetto, dare un’occhiata alla lista di albi usciti in quella gloriosa decade gli varrebbe l’imbarazzo della scelta.
Era il 1985 quando la DC comics decise che era arrivato il momento di dare una riordinata alla continuity del multiverso e fece distruggere, allo scrittore Marv Wolfman, tutti gli eroi in quello che è ancora considerato come il più pretenzioso crossover della storia.
Ma andiamo con ordine.


Negli anni ’50, sul finire di quello che viene considerato come il periodo d’oro dei comics, il mercato fumettistico si trovò ad affrontare una crisi intensa che portò alla chiusura di numerese testate supereoistiche.
A crisi arginata, l’allora capo della DC comics Julius Schwartz, valutò intelligente una reintroduzione di vecchi eroi della ‘golden age’ degli anni ’50 con nuovi costumi e nuove identità ma, con il passare degli anni, vari sceneggiatori iniziarono a far incontrare questi personaggi con i loro corrispettivi del passato.
Il risultato, fu la creazione di un vastissimo intreccio di universi che, per fronteggiare difficoltà che sembravano travalicare i poteri di un singolo gruppo di eroi, avevano l’abitudine di incontrarsi permettendo ai propri personaggi di unire le forze.
I team-up interdimensionali divennero così numerosi da moltiplicare la variazioni nella vita di ogni singolo eroe e rese impellente la necessità di azzerare la narrazione e ricominciare dal principio.
Ma il fenomeno che più d’ogni altro ha scosso le fondamenta dei comics americani non fu dovuto agli statunitensi, ma agli inglesi che, assunti in massa dai colossi americani, danno inizio a quella che viene nominata la ‘british invasion’ del fumetto.
Re indiscusso del movimento è Alan Moore.


Sua è l’introduzione di una tematica più matura all’interno del fumetto supereroistico che, per la prima volta, si ritrova a fare i conti con il lato oscuro della politica, la droga e le sue dipendeze, l’aspetto duro della legge..
Ecco quindi l’esigenza di rendere tridimensionali i suoi personaggi e farli incontrare con piaghe che davvero affligono l’umanità.
Un altro artista che portò il fumetto a livelli più maturi è Neil Gaiman.
Il suo fu un approccio molto più letterario che fumettistico destando così l’opinione pubblica.
E’ infatti il suo Sandman il fumetto che più d’ogni altro può essere accostato alla narrativa ordinaria, in quanto unico esperimento riuscito di letteratura a fumetti (il numero 19 della serie ‘Sogno di una Notte di Mezz’estate’ ha vinto il World Fantasy Award nel 1991 come miglior racconto, cosa che spinse l’organizzazione a cambiare le regole del premio affinchè nessun altro fumetto potesse concorrervi. Ad ogni modo, l’opera di Gaiman rimane l’unico fumetto ad aver vinto il premio).

Ma, nel frattempo, cosa succedeva in Italia??..
Noi rispondemmo nel 1986, quando un signore, di nome Tiziano Sclavi, mescolando poetica underground, detective story e film splatter, creò un personaggio che chiamò Dylan Dog.
Il celeberrimo investigatore dell’incubo, pubblicato per la prima volta nel 1986, per le sue debolezze e vizi, tanto da avere avuto problemi d’alcolismo e da rimanere preda di inconsolabili pene d’amore, colpisce i bonelliani ed avvicina alla lettura milioni di nuovi acquirenti.


Un giretto su Youtube permette di vedere molti video che documentano quella che prese il nome di Dylan Dog mania.
Un grande successo popolare è quello di cui il suo editore, il compianto Sergio Bonelli, si è trovato protagonista, un successo divenuto un fenomeno di costume in tutta Italia che ha avuto elogi da ogni latitudine della penisola anche in ambito accademico (da notare infatti l’interessamento di Umberto Eco al personaggio..)


In poche parole nessun periodo riesce ad eguagliare gli anni ’80 in quanto ad offerta, contenuti e qualità e tutti quei prodotti, quel tesoro di carta patinata che ci è pervenuto, sono una preziosa eredità di cui essere fieri.

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