L’alba di E.T

30 anni fa E.T portava Spielberg nella leggenda. Segnando così una generazione.

MI PIACE A BOTTA !!!

Quando Steven Spielberg, agli inizi degli anni ’80, abbandonato un progetto intitolato ‘Night Skies’ con un gruppetto di alieni maligni che assediavano una casetta di campagna, decise che il protagonista del suo nuovo film sarebbe stato un extraterrestre tenero e innocuo, nel rivolgersi a Carlo Rambaldi per l’ideazione del personaggio, aveva da subito chiare in mente due cose: la prima è che E.T. non doveva in alcun modo assomigliare a un tizio con una tuta di lattice indosso; la seconda che l’intera storia, per mantenere costante la sua caratteristica di favola realistica dovesse essere filmata senza il supporto di storyboard costrittivi e con un punto di vista particolare, quello che rispecchia lo sguardo di un bambino ad “altezza gambe”, come si vede nei cartoni animati di Tex Avery.


Rambaldi aveva già collaborato con Spielberg con ‘Incontri ravvicinati del terzo tipo’ e quando presentò al suo committente i bozzetti della “creatura” dall’aspetto di una tartaruga senza guscio, alta circa un metro, pelle grinzosa, con occhi grandi e colore del cielo, il regista si rese conto immediatamente che quel “prototipo” di alieno brutto ma non terrificante, al quale avrebbe conferito atteggiamenti contrastanti tra saggezza millenaria e il candore dell’innocenza infantile, avrebbe potuto conquistare il mondo.


Col senno del poi appare incredibile come la Columbia, alla quale inizialmente Spielberg si era rivolto, avesse liquidato il copione come un “banale”film nello stile dei live action per famiglie della Disney e quindi “regalato” alla Universal la chance di produrre e distribuire uno dei maggiori successi dell’intera storia del cinema.
Se a distanza di trent’anni ‘E.T l’extraterrestre’ non ha perso un grammo del suo fascino, lo si deve senza dubbio all’impalcatura strutturale di una fiaba mitica, che al tempo stesso riesce a mantenere un’armonia costante tra credibilità dell’assurdo e del surreale e valore della metafora, rimanendo uno dei migliori titoli nell’aver rappresentato con intense sfumature di sentimenti la solitudine adolescenziale che si evolve generando altruismo.
L’immagine del film con il dito dell’extraterrestre che tocca “michelangiolescamente” quello del bambino, generando una stella luminosa attraverso il contatto, ne è la splendida sintesi grafica.


Nel luglio del 1982, poco dopo l’uscita del film nei cinema di tutto il mondo, Spielberg scrisse un trattamento per un possibile seguito, intitolato ‘E.T II: Nocturnal Fears’.
La storia vedeva Elliott e i suoi amici, catturati da perfidi alieni, tentare di contattare E.T per chiedergli aiuto.
Ma non è un caso che Spielberg cambiò rapidamente idea e soppresse il sequel: proseguire la grande avventura significava sottrarre al film capostipite gran parte del suo valore simbolico.

E così quel volo magico delle biciclette dinnanzi alla luna piena divenne il logo della sua casa di produzione, la Amblin Enterteinment, destinata a presentare tante altre nuove, spesso entusiasmanti, avventure.

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2 risposte a L’alba di E.T

  1. superbravo80 ha detto:

    Bellissimo, ti giuro che mi sono commosso, io che a 12 anni mi lessi perfino il romanzo della sceneggiatura di ET l’extra-terrestre, scritto da un certo William Kotzwinkle, se non dico una stronzata..
    Eh..,che bei tempi..=)

  2. Anonimo ha detto:

    barbasra bertoli MATTIA MAMMA

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